Le terribili condizioni di vita degli italiani del Sud in
Conversazione in Sicilia di Elio Vittorini
CAPITOLO PRIMO
LA VITA E OPERE DELL’AUTORE
Scrittore, saggista letterario, traduttore, giornalista, redattore, critico, Vittorini dimostra fin da ragazzo di possedere un animo diviso tra il fascino per il panorama europeo e l’impegno per la situazione italiana. Il dato storico, politico e sociale è la suggestione da cui partono tutti gli scritti vittoriniani e che diventa elemento fondamentale da considerare in uno studio che ha l’ambizione di dirsi completo. L’analisi dell’attività di Vittorini presuppone la capacità, infatti, di accettare una molteplicità di suggestioni, cambiamenti stilistici e riflessivi che convergono nella sua ispirazione poetica rendendo pressoché impossibile ascrivere l’autore entro i confini di un’unica categoria o corrente letteraria specifica. Prima di tutto Elio Vittorini nacque a Siracusa il 23 luglio 1908 da famiglia di modeste condizioni che lo costrinsero a cercare lavoro e, quindi, a lasciare presto le scuole tecniche. Completerà la sua formazione culturale con studi e letture compiuti successivamente. A 17 anni, dunque, abbandonὸ l’isola natale; dapprima fece l’operaio edile in Fruili, poi nel 1930, dopo avere 9 sposato la sorella di Quasimodo, Rosa Maria, si trasferὶ a Firenze. Qui lavorὸ come correttore di bozze per la Nazione. Iniziὸ anche a imparare l’inglese come autodidatta e a tradurre romanzi americani. All’inizio assunse posizioni vicine al fascismo rivoluzionario il suo modello fu lo scrittore Curzio Malaparte3 ; quell’ultimo diceva: « Je suis de Prato, je me contente d’être de Prato, et si je n’y étais pas né, je voudrais n’être jamais venu au monde »4 Cioé ( Io sono di Prato, m’accontento d’esser di Prato, e se non fossi nato pratenese, vorrei non esser venuto al mondo), ma dall’ambiente della rivista solaria trasse lo stimolo a diventare antifascista, europeista, universalista antitradizionalista . Nel 1936 iniziὸ il romanzo Erica e i suoi fratelli, che abbandonὸ incompiuto allo scoppio della guerra di Spagna: lo scrittore progettὸ infatti di raggiungere i repubblicani spagnoli per lottare con loro contro il fascismo. Perciὸ venne definitivamente espulso dal partito fascista. Nel luglio del 1943 fu rinchiuso nel carcere Milanese di San Vittore; liberato l’8 settembre, prese parte attiva della Resistenza. Tra la primavera e l’autunno del 1944 scrisse in semi-clandestinità il romanzo Uomini e no, quell’ultimo è ispirato alla lotta partigiana. Dopo la fine della guerra, Elio Vittorini si stabilὶ a Milano. Fu il più noto tra gli intellettuali italiani, impegnati nella vita politica con il PCI5 e civile. Nel settembre del 1945 uscì, pubblicato da Einaudi, il primo numero della rivista Il politecnico da lui diretta. Una famosa polemica sull’autonomia o meno degli intellettuali lo divise perὸ dal segretario del partito, Palmiro Togliatti; nel dicembre 1947 Il politecnico dovette cessare le pubblicazioni. S’infittiva intanto la attività editoriale; Elio Vittorini curὸ numerose collane librarie, come I gettoni e Medusa di Mondadori, che ebbe il merito di fare conoscere al grande pubblico autori e opere nuove. Nel 1951 Elio Vittorni lasciὸ il PCI, salutato polemicamente da Togliatti con un articolo su Rinascita. Tra il 1951 e il 1954 lavorὸ al nuovo romanzo le città del mondo, rimasto incompiuto. Dal 1959 pubblicὸ con Italo Calvino6 la rivista Il Menabὸ, sulle cui pagine affrontὸ i temi del rapporto tra industria culturale e letteratura. Visse gli ultimi anni con Ginetta, sua compagna dal 1943: fu lei ad assisterlo durante la malattia che lo portὸ alla morte, a Milano, nel 1966. Vittorini rimaneva pertanto il maestro iniziatore della corrente detta neorealistica, in cui l’impegno dell’artista non era quello politico-sociale di chi suona il piffero alla rivoluzione, ma consisteva nell’essere coerente col suo senso del reale. La funzione di Vittorini, maestro e guida del Neorealismo, non si esauriva, però, con il “ Politecnico ”, in quanto egli 3 Nato sotto il nome diCurt-Erich Suckert il 09/06/1898 a Prato inToscana, morto il 19/07/1957 a roma 4 accessibile da: Curzio malaparte-wikipedia.html 5 Partito Comunista Italiano 6 Nato nel 1923 a Cuba e morto nel 1985 a Parigi é uno scrittore italiano, autore di racconti, di romanzi e di raccolte di fiabe popolari. 10 intraprendeva tutta una serie di traduzioni di romanzi americani, di pubblicazioni neorealistiche, che lo indicavano come uno dei massimi organizzatori di cultura del dopoguerra. Del resto, la sua partecipazione al dibattito internazionale di Ginevra nel settembre del 1948 sull’Arte contemporanea col tema, allora attualissimo, “L’artiste doit-il s’engager7 ?” dava la misura del suo concetto di arte impegnata, risolvendo il problema dell’antinomia tra i valori storici e i valori eterni dell’arte attraverso il concetto della mutevolezza della realtà che il poeta coglie e comunica col suo messaggio. Nel ’51 ha inizio la pubblicazione dei “Gettoni”, con cui Vittorini apre ai giovani scrittori uno spazio sperimentale dedicato ai problemi e agli aspetti più vivi della realtà contemporanea. Nel 1966, dopo avere avviato una lunga conversazione critica tra letteratura e industria nella rivista “ Menabò”. Il “Menabo” è una rivista che voleva essere uno strumento aperto di discussione della nuova letteratura, in campo nazionale che internazionale. La tendenza era quella di contraporre un serio impegno intellettuale alle forme di cultura di massa che rischiavano di fondersi e confondersi col conformismo e la mercificazione della cultura. Il “Menabὸ” toccava diversi campi di indagine, dal poetico al narrativo sino al saggistico. La poetica di Elio Vittorini è di chiara ispirazione lirica. Elio Vittorini ebbe il merito di ricoprire importanti ruoli nelle maggiori case editrici italiane in un momento delicato per il paese. Il periodo adolescenziale di Vittorini è piuttosto travagliata e trova soltanto nella redazione di romanzi e poesie la propria realizzazione personale. In pieno periodo fascista pubblica il Garofano Rosso, opera destinata a suscitare clamore e scandalo per i contenuti trattati. Espulso in seguito dal partito fascista, appoggia i movimenti di liberazione e viene arrestato nel carcere di San Vittore, dal quale assiste interme alle distruzioni di Milano. Piccola borghesia (1931) riunisce in volume una serie di racconti scritti nel clima solariano, i cui personaggi sono tratti da ambienti piccolo-borghesi studiati nella loro realtà psicologica. Il linguaggio è ricco di immagini e di metafore. Insieme con Cesare Pavese8 , Vittorini fu uno dei primi a scoprire il fascino della letteratura americana contemporanea dalla quale assorbì quella visione realistica che sempre contrappose politicamente al conformismo della cultura di quel tempo ed al provincialismo fascista. Possiamo dire anche Piccola borghese si tratta di una raccolta di racconti. L’opera gli è ispirata da ragioni letterarie. Si avverte la capacità di tratteggiare i personaggi con tocchi agili. Le caratteristiche essenziali dell’opera sono 7 L’artista deve impegnarsi? 8 Piemontese (1908-1950), ha tradotto in italiano i capolavori della letteratura novecentesca americana, contribuendo a cambiare il gusto letterario degli italiani. 11 l’approfondimento della psicologia dei personaggi e il tema dell’amore. I racconti mostrano trame dove « non succede niente ». Conta l’interiorità dei personaggi. Si avverte l’influenza di Svevo, mentre manca la problematica politica. Le donne sono caratterizzate tutte dall’amore. Opera originale, innovativa, aperta alle suggestioni dell’arte europea più avanzata. Il garofano rosso (1933-’34) uscì a puntate su “Solaria”, e in volume soltanto nel 1948, perché la pubblicazione fu interrotta dalla censura fascista, che accusò il testo di essere contrario alla morale e al buon costume. Ma prima di arrivare al suo capolavoro, Vittorini si impegna ancora in opere di alto tirocinio tecnico-stilistico che, pubblicate in un volume nel 1936, testimoniano gli influssi del Surrealismo e dell’Ermetismo, nonché la lezione di Proust. Intanto, Vittorini comincia a manifestare un certo amore per l’America. Comincia a tradurre decine di libri di autori americani. Questa sua funzione di tradurre e di divulgatore della letteraura d’oltreoceano gioca un ruolo importantissimo per lo svecchiamento della cultura e della letteratura italiana. Il garofano rosso è un romanzo faticoso e forzato dal punto di vista dell’elaborazione per ammissione di Vittorini stesso. Protagonista è Alessio Mainardi, che matura negli anni del fascismo. Ama di un sentimento platonico Giovanna, una sua compagna di liceo. Un garofano rosso diviene il simbolo del loro amore. Protagonista è un borghese, figlio di proprietari. Oltre a vivere l’esperienza politica, il giovane vive l’esperienza dell’amore. Si profila una difficile scelta fra l’amore puro (Giovanna) e l’amore sensuale (Zobeida). Erica e i suoi fratelli fu cominciato e scritto in gran parte nel 1936, ma rimase interrotto perché l’autore fu distratto dalla guerra di Spagna. Fu poi pubblicato in rivista nel 1954 e in volume nel 1956 insieme con La Garibaldina, incompiuto così come era rimasto.Vittorini sospese il romanzo Erica e i suoi fratelli a causa dello scoppio della guerra civile in Spagna, ma quando riprese a scrivere, verso il settembre del 1938, non fu per continuare Erica, ma per mettere giù la prima pagina di Conversazione in Sicilia. Il romanzo Uomini e no, che Vittorini ha pubblicato nel 1945 dopo nove anni di silenzio, rappresenta il massimo sforzo dello scrittore per superare i residui di simbolismo espressi in Conversazione in Sicilia, e affrontare in pieno l’esigenza di Realismo e di impegno che dominava la cultura italiana degli anni dell’immediato dopoguerra. Qui mito e storia avrebbero dovuto fondersi in perfetta unità per la ragione stessa che lo scrittore lavorava a caldo. Scrive, infatti, la storia del partigiano Enne 2 che vive la resistenza a Milano nel 1944 e ricerca una sua autenticità di vita e di impegno nel mondo. La tecnica del dialogo, in questo 12 libro, è molto simile a quella del precedente: Vittorini attua un vero e proprio rallentamento, con frequenti ripetizioni, col proposito di elevare la materia del romanzo a una dimensione che sta sopra la realtà, quella che in un celebre passaggio di Conversazione in Sicilia definisce come « quarta dimensione ». Ma se nel suo libro più riuscito la tecnica rispecchia fedelmente l’intrecciarsi dei mondi dell’infanzia e del presente, dai quali scaturisce un mondo “avventuroso” di nuovi valori, in Uomini e no il sospetto della “maniera” e della “finzione” fa spesso capolino nel lettore critico, in virtù di una materia troppo attuale e troppo carica di precisi significati storici per essere innalzata a un valore “assoluto”. Da qui la sensazione di un racconto non sempre coerente e organico. Per l’autore il problema è quello di conciliare la libertà creativa, la sua capacità di “autonomia” e di conoscenza di verità astratte e assolute con la partecipazione alla storia. Uomini e no è un romanzo che distingue tra uomini e non uomini. C’è nel romanzo la denuncia del fascismo e il riconoscimento del valore morale della Resistenza, ma non c’è solo il messaggio politico. Accanto al tema della Resistenza, il tema dell’amore, un amore che condiziona le scelte politiche.
LA VISIONE VITTORIANA DEL MONDO
La visione del mondo di Elio Vittorini (Siracusa, 1908 – Milano, 1966) non nasce da una riflessione astratta o da particolari studi accademici, ma da concrete esperienze di vita. In particolar modo credo sia stato per lui molto importante fin dall’infanzia sia il contatto con le campagne siciliane sia il fatto di essere figlio di un ferroviere. Da un lato, infatti, ebbe modo di guardare con gli occhi e toccare con mano la realtà di un mondo offeso dall’arretratezza sociale e culturale come dalle asperità della natura (ancora oggi la Sicilia è attanagliata da mali antichi come lo strapotere della criminalità organizzata, un maschilismo brutale, una religiosità che facilmente sfocia in superstizione e si pone come freno allo sviluppo, la scarsità dell’acqua ecc.), dall’altro ebbe sotto gli occhi il frutto dell’impegno razionale dell’uomo ad affrontare le difficoltà della vita e del mondo (il treno, che se sul piano pratico consente di ridurre il peso delle distanze e favorisce il contatto tra mondi umani diversi, sul piano della rappresentazione artistica è spesso stato ritenuto simbolo del progresso e della modernità). Questa dimensione concreta del fatto culturale si traduce in Vittorini non solo nei romanzi, dove tra l’altro gli spazi della Sicilia e i viaggi in treno sono molto presenti (basta pensare a Conversazione in Sicilia, per molti versi il suo capolavoro), ma anche in un’opera di organizzatore culturale portata avanti dagli anni della giovinezza fino alla vecchiaia. Dai tempi dell’antologia Americana (1942, che conobbe la censura del regime fascista) a quelli del dibattito sul «Menabò» sul tema “letteratura e industria” (1962), gli interventi di Vittorini sono volti ad aggiornare la cultura italiana di fronte alle modificazioni di una società che pone nuove esigenze e nuove istanze letteralmente nascono nuove offese che esigono nuove risposte. È perchè Elio Vittorini decide di criticare il “mondo offeso” sul suo romanzo la Conversazione in Sicilia. Quindi il “mondo offeso” è una definizione di Vittorini attacca a sintetizzare la condizione storica ed esistenziale della società italiana negli anni precedenti, contemporanei e successivi alla guerra. L’intellettuale si sente “offeso” dalla barbarie a cui assiste, dalla volgarità della propaganda di regime, dall’alienazione delle masse, incapaci ormai di distinguere tra bene e male. Elio Vittorini ha come motivo portante sempre l’organizzazione della cultura, l’intento edificante, la partecipazione consapevole alla storia; la liberazione da ogni forma di offesa, di oppressione, politica e morale che sia. Ècco perché all’inizio del romanzo Conversazione in Sicilia Vittorini esprime sul “mondo offeso” « Io ero, quell’inverno, in preda ad astratti furori. Non dirὸ quali, non di questo mi son messo a raccontare. Ma bisogna dica ch’erano astratti, non eroici, non vivi; furori, in qualche modo, 17 per il genere umano perduto» 13 . Non è un caso, infatti che uno dei personaggi più curiosi di questi romanzo si chiami Ezechiele, come il profeta, ruolo scomodo, che impone a se stesso responsabilità verso la collettività. Proprio lui pronuncia la frase « Il mondo è grande ed è bello, ma è molto offeso» 14. Questa esigenza di riscatto da una condizione di offeso, muove l’intera produzione vittoriniana, dall’ esigenza di denudare le costruzioni sociali della borghese in piccola borghese del’31, ai compagni di viaggio di Silvestro in Conversazione in Sicilia. Sarà ancora uno dei motivi portanti nel romanzo. Il tema del mondo offeso è senza dubbio ciὸ che muove Silvestro, il protagonista di Conversazioni in Sicilia. Un tipografo che torna dal nord Italia a casa della madre in Sicilia ed incontra molte persone nel tragitto percorso. Il ruolo della madre, che gira il paese per fare le iniezioni mediche è un pretesto per mettere a nudo la condizione sociale di totale povertà delle masse contadine siciliane; i compagni di viaggio incarnano ognuno (se prestiamo fede ad una precisa modalità interpretativa che puὸ anche rivelarsi falsa ) una forza sana del paese che si oppone alla barbarie del fascismo, della sua propaganda e della sua sete di guerra. Ezechiele, che ha il nome di profeta, è presentato con gli occhi bagnati e chiede riscatto per il “mondo offeso”. Egli rappresenta l’intellettuale e il suo ruolo di indirizzare le masse all’idea, la sua responsabilità nei confronti del popolo. Un’altra figura importante è quella del Gran Lombardo, omonimo del personaggio del Paradiso dantesco che cerca un ideale più grande. Altri personaggi sono poi Calogero, l’arrotino che non ha più coltelli da affilare, Porfirio che invoca l’azione dell’acqua viva, entrambi individuabili rispettivamente nell’idea del socialismo o comunismo rivoluzionario, e nel popolarismo cattolico che ai tempi del fascismo svolse un non secondario ruolo di opposizione al regime. Lo stesso discorso è applicabile alle vicende di Alessio Mainardi, protagonista di Il garofano rosso, alter-ego di Vittorini, che in un primo momento comprende l’esigenza dell’impegno ma si ritrova a schierarsi con il nascente fascismo, vedendo in esso la possibilità di rompere attraverso la violenza l’ordine sociale borghese. Si rivela una mera illusione e il primo passo verso una presa di coscienza totale della condizione politico-sociale della società. Lo stesso vale per la storia di Enne 2, protagonista di Uomini e no che è capace di mettere in campo una seria interrogazione sui limiti della sfera dell´”uomo”. Lo stesso impegno per il riscatto del “mondo offeso” è palpabile in ogni pagina del Politecnico. Anche i suoi lavori successivi come Erica e i suoi fratelli sono completamente protesti verso un proporre la realtà in maniera critica. Riportiamo in conclusione un passaggio paradigmatico tratto dal primo intervento di Vittorini 13Vittorini, E, « Conversazione in Sicilia », op cit, p.1 14Ibidem, p.135 18 sul Politecnico, in cui interrogava non il comitato culturale di un partito, ma le forze sane di tutto il paese a unirsi a tutela dell’ umano, e alla comune causa del “riscatto per il mondo”. Il mondo offeso non è, come è facile immaginare da quanto detto finora, il risultato di una speculazione metafisica fatta “al paralume color di rosa” o la conseguenza di una lettura troppo approfondita di Faulkner. Se Vittorini non avesse letto queste cose non avrebbe parlato di un mondo offeso dall’ingiustizia e dal male, ma certamente se non avesse avuto sotto gli occhi il dolore degli uomini e l’esigenza di un riscatto non avrebbe avuto la capacità di rimanere interessante ed attuale anche per chi lo legge ad oltre quarant’anni di distanza dalla morte. Volendo impostare il discorso a livello macroscopico, degno di rilevazioni sociali o studi sul costume, potremmo guardare il mondo offeso prendere forma nell’omertà di fronte al crimine, nell’arrivismo e nell’opportunismo mascherati di nobili ideali, nel razzismo e nella violenza verso chi non può difendersi. Tuttavia non solo a questi livelli incontriamo il mondo offeso: molto spesso prende forma nelle nostre vità quotidiane, nella nostra incapacità o, meglio, mancanza di volontà a reagire di fronte all’ingiustizia, nella nostra corsa al successo e nella nostra ruffianeria nei confronti del potere. Il ruolo della cultura di fronte a tutto questo è, per Vittorini, quello di un’arma che mira a comprendere e risolvere i problemi che man mano la realtà pone. In essa lui mostra di avere grandissima fiducia e nel corso degli anni si dedica, attraverso gli strumenti propri dell’intellettuale, a dare vita ad iniziative che consentano di sondare l’effettivo stato delle cose in Italia per contribuire a sanarne limiti e contraddizioni. Emblematico, in tal senso, è l’esempio de «Il Politecnico» (1945-1947), rivista fondata dallo scrittore siciliano alla fine della Seconda Guerra Mondiale con lo scopo di effettuare una ricognizione dell’Italia offesa dalla dittatura fascista e dal disastro della guerra ed individuare vie di sviluppo. In particolare sono interessantissimi gli studi portati avanti sulle varie realtà regionali, dove si sofferma non solo sull’amata Sicilia ma anche su Napoli, definita la “città sulla soglia della vita”. Un altro aspetto molto importante della personalità di Elio Vittorini è l’estrema autonomia con cui porta avanti il suo discorso. Non è un ideologo o un intellettuale di partito: lo si vede già in gioventù, quando aderisce ad un fascismo “di sinistra” proponendo modelli culturali alternativi tanto all’idealismo di Giovanni Gentile (teorico del regime) quanto a quello di Benedetto Croce (punta di diamante degli intellettuali antifascisti). Il tentativo di immettere le novità provenienti dalla letteratura americana nel dibattito culturale italiano, visto dal fascismo come l’introduzione di un impuro spirito esterofilo nel tessuto di una sana cultura 19 italica, segna una delle sue prime rotture con le idee giovanili. Dopo essere stato in carcere si dà alla causa della Resistenza simpatizzando per il Partito comunista. Tuttavia anche questo sarà un amore breve: dopo la guerra la rivista «Il Politecnico» entrerà in dura polemica con Togliatti e Alicata a proposito dei rapporti tra cultura e politica, con Vittorini decisamente intento a rivendicare l’autonomia della prima da ogni disegno politico. La rivista avrà due anni di vita e lo scrittore siracusano abbandonerà il partito nel 1951. Ciò che lo interessa della politica non è l’amor di bandiera o l’opportunismo, ma la sua capacità effettiva di fornire strumenti atti a riscattare l’uomo dal mondo offeso
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